Instabilità dei mercati e sicurezza alimentare: risposta delle Istituzioni e implicazioni per i professionisti agricoli

Instabilità dei mercati e sicurezza alimentare: risposta delle Istituzioni e implicazioni per i professionisti agricoli

 

Il contesto generale

Negli ultimi anni, il tema trascurato e sottovalutato della sicurezza alimentare, intesa nell’accezione quantitativa più che sotto l’aspetto della salubrità, è tornata a suscitare l’attenzione dell’opinione pubblica e delle istituzioni.

La crisi del Covid ha mostrato agli occhi di tutti gli scaffali paurosamente vuoti dei punti di vendita al dettaglio, risultato dell’accaparramento e dell’interruzione della catena di fornitura.

L’Unione Europea – come al solito la prima a reagire quando si prende atto dell’inerzia o dell’impotenza dei singoli Stati membri – il 12 novembre 2021 ha varato un piano di emergenza per “Garantire l’approvvigionamento alimentare e la sicurezza della fornitura in tempo di crisi”.

Il 23 maggio 2022, ha fatto seguito una comunicazione della Commissione finalizzata a “Proteggere la sicurezza alimentare e rafforzare la resilienza dei sistemi alimentari”.

Il 9 marzo 2022, è intervenuta di nuovo la Commissione europea con una comunicazione per “Assicurare la disponibilità e l’accessibilità economica dei fertilizzanti”.

Questo perché l’approvvigionamento alimentare richiede in primis che si produca e quindi ci sia la risposta dell’offerta agli stimoli del mercato e si superino i colli di bottiglia che inevitabilmente si presentano allorquando si verifichino disequilibri a livello globale, con carenze diffuse di mezzi tecnici e materie prime.

La crisi energetica e la collegata situazione di scarsità dei fertilizzanti, hanno alterato la struttura dei costi, a tal punto che si è ridotto l’incentivo degli agricoltori a produrre di più, nonostante siamo a livelli di prezzi agricoli relativamente elevati.

Da ultimo – è accaduto solo pochi giorni fa, e cioè il 9 dicembre 2022 – la Commissione di Bruxelles ha lanciato un portale sulla offerta agricola e la sicurezza alimentare, dove sono riportati i dati ufficiali aggiornati di monitoraggio su prezzi, produzioni, scorte e scambi commerciali.

Inoltre è stato predisposto un “Sistema di allerta alimentare” con la pubblicazione di bollettini periodici relativi al clima, alla siccità, alle malattie degli animali, ai costi energetici e dei noli, alle restrizioni relative alle esportazioni degli alimenti e dei fertilizzanti.

Il tema delle politiche commerciali protezionistiche, introdotte per tutelare la popolazione locale, è particolarmente sensibile nelle fasi di crisi, perché impatta sul commercio internazionale, danneggia maggiormente i Paesi più poveri, condiziona le scelte produttive degli operatori, impedendo così l’adeguamento dell’offerta.

È stato calcolato che il 17% del commercio mondiale delle calorie alimentari sia stato interessato da restrizioni agli scambi nel mese di aprile 2022, poche settimane dopo l’inizio del conflitto in Ucraina (Bruegel, Policy Contribution, Issue, n. 23/22, dicembre 2022, “A European policy mix to address food insecurity linked to Russia’s war”).

Non intendo creare un clima di allarme e preoccupazione e quindi aggiungo – a scanso di equivoci – che l’Unione Europea non è in condizioni di vulnerabilità.

Lo stesso però non si può dire per molti Paesi che registrano una forte dipendenza dall’importazione di cereali da Russia e Ucraina, come il Libano, la Tunisia, l’Egitto.

Sono Paesi questi, dove l’importazione dall’area del conflitto incide per oltre il 30% sul totale del consumo dei cereali.

 

Alcuni dati settoriali

Siamo in una prolungata fase di carenza di offerta, come emerge dalle statistiche del rapporto tra scorte e consumo che da tre anni è in riduzione. La situazione può essere così descritta (i dati sono di fonte COCERAL):

  • per il frumento tenero l’indicatore è passato dal 40% registrato nella campagna 2019-2020, al 34% del 2022-2023, con una perdita accumulata di 30 milioni di tonnellate;
  • per il frumento duro c’è stata una riduzione dal 23% al 14%;
  • per il mais si è passato dal 32% al 25%. La siccità del 2022 ha ridotto la produzione dell’Unione europea da 71 a 55 milioni di tonnellate, secondo le stime della Commissione rilasciate a fine ottobre scorso. Nel rapporto “EU agricultural outlook for markets, income and environment 2022-2032” è stato stimato che la produzione di mais potrebbe diminuire tra il 10 e il 38% negli anni nei quali si verificano eventi climatici estremi;
  • per il settore dei cereali nel complesso, COCERAL calcola un volume di produzione mondiale che è risultato inferiore al consumo nel corso delle ultime tre campagne di commercializzazione.

Il 2022 è stato un anno di buoni raccolti nei principali Paesi esportatori del nord e sud America, ma nel complesso, a livello globale – secondo l’USDA – siamo sotto 40 milioni di tonnellate, con una riduzione dell’1,7% rispetto alla campagna precedente.

Pertanto la situazione appare critica, ma non è deteriorata come si legge nel menzionato rapporto pubblicato da Bruegel.

A preoccupare è quanto sta avvenendo nell’area del conflitto bellico in Ucraina, dove si riscontrano evidenti difficoltà per la produzione e per i flussi commerciali.

Russia, Ucraina e Kazakistan, prima della guerra, esportavano 100 milioni di tonnellate di cereali, pari al 25% del commercio a livello mondiale. Il conflitto ha ridotto le spedizioni e minaccia il potenziale produttivo.

La sola Ucraina ha diminuito di 41 milioni di tonnellate le esportazioni di cereali nelle due campagne di commercializzazione 2021-2022 e 2022-2023 e si va sempre più consolidando l’ipotesi che il potenziale di produzione e di esportazione del Paese rimanga al di sotto dei livelli usuali per altri 2-3 anni.

Le previsioni rilasciate dai più accreditati analisti indicano una lenta marcia verso la normalità, con le condizioni di scarsità dell’offerta che non sembrano destinate a rientrare in modo rapido.

Appare interessante a questo punto osservare l’evoluzione del prezzo mondiale dei cereali nel corso del tempo che, per quanto riguarda il frumento tenero, ha seguito la seguente traiettoria:

  • prima del conflitto la quotazione media si è attestata sotto i 300 euro per tonnellata;
  • a maggio 2022 si è raggiunto il picco oltre la soglia dei 400 euro per tonnellata;
  • a dicembre dello stesso anno c’è stato un raffreddamento dei prezzi che si sono collocati sui 330 euro per tonnellata (Commissione europea, Portale dei dati agroalimentari).

C’è stata una correzione del picco, non solo per i cereali ma per tutti i principali prodotti agricoli e alimentari e pure per i fertilizzanti e per le materie prime energetiche: il petrolio Brent ha raggiunto quotazioni superiori a 130 dollari per barile nella scorsa primavera, per poi scendere attorno a 80 dollari a fine anno. L’indice mondiale dei prezzi dei fertilizzanti è sceso a 140, dopo aver sfiorato il valore di 160 a maggio scorso.

L’instabilità dei mercati agricoli, delle materie prime energetiche e dei mezzi tecnici di base si è riverberata sui prezzi al consumo, con un’inflazione alimentare piuttosto sostenuta. A ottobre 2022, il tasso generale di inflazione nell’Unione europea si è attestato all’11,5%, con i prezzi alimentari che sono cresciuti del 17,8%. Si sono incrementi del 24% per latte, formaggi e uova e del 33% per gli oli e grassi. La spinta inflazionistica del settore dei beni alimentari non è uniforme in tutta l’Unione europea, con dati che vanno dal 13,8% dell’Italia, fino al 49,2% dell’Ungheria (https://agridata.ec.europa.eu/extensions/FoodSecurity/FoodSecurity.html).

 

Cause dell’instabilità

Una recente relazione presentata dal COPA-COGECA, l’organizzazione di rappresentanza degli agricoltori e delle loro cooperative a livello di Unione Europea, dedicata all’analisi sulle motivazioni che minano la sicurezza alimentare, parla di “crisi multipla”, scatenata da una concomitanza di eventi come la pandemia da Covid, il conflitto in Ucraina, la crisi energetica e il cambiamento climatico. A tale lista sarebbe opportuno aggiungere anche le reazioni errate da parte dei Paesi che hanno adottato politiche commerciali restrittive, oppure hanno introdotto tetti ai prezzi sul mercato interno.

Sotto tale aspetto ritengo sia utile evidenziare quanto contenuto in un grafico del già menzionato paper di Bruegel, dove è riportato l’indice dei prezzi del frumento (base gennaio 2018=100) per il mercato mondiale e per tre Paesi che hanno introdotto misure restrittive (Cina, India e Indonesia). Il valore dell’indice a livello mondiale era pari a 125 fino alla seconda metà del 2021, per poi raggiungere il massimo di 225 nella primavera dello scorso anno. Di contro, l’indicatore nei tre Paesi interventisti è aumentato marginalmente durante l’intero periodo, arrivando a toccare la quota di 125 in Cina nella fase più acuta della crisi.

Il cambiamento climatico è additato come una delle cause dell’instabilità. In effetti le avverse condizioni estive del 2022, con il periodo siccitoso e le ondate di calore, hanno ridotto di 50 milioni di tonnellate la produzione cerealicola europea e compromesso sia la qualità che la quantità dei foraggi, scatenando reazioni a catena che hanno, ad esempio, interessato il mercato del latte, con il cambiamento dei programmi produttivi da parte degli allevatori.

In particolare è aumentata la macellazione degli animali riproduttori, soprattutto in Francia, dove è stato registrato un tasso mai visto in precedenza per quanto riguarda l’abbattimento delle vacche.

C’è stato inoltre un incremento eccezionale del prezzo del latte crudo alla stalla che, nel corso del 2022, ha raggiunto livelli mai visti in precedenza, superando abbondantemente la soglia di 50 centesimi per chilogrammo.

Infine, non è da sottovalutare il fenomeno dell’aumento dei costi variabili di produzione che, per taluni mezzi tecnici è stato davvero molto intenso e non sempre c’è stata la possibilità per gli allevatori di coprire gli incrementi attraverso i maggiori ricavi, in quanto l’aumento del prezzo del latte si è verificato talvolta con un certo ritardo e non è risultato generalizzato per l’intero settore.

 

Risposte delle Istituzioni

La preoccupazione delle Istituzioni di assicurare il corretto funzionamento dei mercati e l’approvvigionamento alimentare ha spinto a mettere in campo numerose iniziative. Mi limito di seguito a quelle che ritengo più significative.

L’Unione Europea ha introdotto due deroghe alle disposizioni ambientali della PAC riformata per il quinquennio 2023-2027, suscitando peraltro una persistente scia di polemiche. La prima deroga riguarda la possibilità di coltivare i terreni lasciati a riposo dalle aziende agricole per soddisfare la norma della condizionalità rafforzata, dove è imposto di mantenere improduttiva almeno il 4% della superficie di seminativi.

La seconda deroga è la non applicazione della norma di condizionalità che prevede l’obbligo della rotazione almeno biennale sui terreni a seminativo.

Su questa iniziativa dell’Unione Europea si è sviluppato un vivace confronto tra due visioni che possiamo – con una certa semplificazione – così etichettare:

  • La visione produttivistica di chi (soprattutto gli operatori economici, ma pure gli esponenti dell’opinione pubblica) ha chiesto meno vincoli e condizionamenti, per spingere gli agricoltori a rispondere alle condizioni di scarsità dell’offerta.
  • La visione ambientalista di chi ritiene sia importante non derogare dai principi del miglioramento delle prestazioni ambientali, in termini di biodiversità, lotta al cambiamento climatico e tutela delle risorse naturali.

Alla fine la Commissione Europea ha deciso di introdurre alcuni correttivi ai dispositivi derogatori, come il divieto di coltivare mais e semi oleosi sui terreni destinati al set aside, provocando in tal modo una attenuazione del potenziale impatto e compromettendo l’efficacia dell’intervento.

Una seconda misura di emergenza che l’Unione Europea ha deciso di attivare è l’utilizzo della riserva di crisi, per la prima volta da quando esiste tale strumento, mettendo a disposizione 500 milioni di euro da destinare ad aiuti di adattamento, a favore dei settori maggiormente esposti e in particolare la zootecnia.

Ci sono inoltre risposte e reazioni delle Istituzioni che sono meno appariscenti e che rivestono un certo potenziale interesse, per i risvolti di lungo periodo che potrebbero provocare.

In primo luogo pare di scorgere una più meditata applicazione dell’ampio programma di iniziative contenute nel Green Deal Europeo, perché l’emergere prepotente del tema della sicurezza alimentare ha indotto la politica a dare maggiore importanza all’obiettivo dell’approvvigionamento e valutare con più circospezione eventuali iniziative che incidono negativamente sul potenziale produttivo.

Così ad esempio, il pacchetto di norme comunitarie sull’utilizzo sostenibile dei prodotti fitosanitari, presentato nel mese di giugno 2022, va avanti, ma con meno convinzione rispetto alle iniziali volontà.

Allo stesso modo le proposte legislative varate per l’iniziativa sul ripristino della natura, contenute nell’ambito della Strategia Biodiversità, appaiono meno ambiziose rispetto a quanto era stato inizialmente prospettato. Nella Comunicazione di maggio 2020, si parlava di riservare almeno il 10% della superficie agricola utilizzata ad elementi ambientali. Al momento tale obiettivo sembra essere stato accantonato.

Anche l’atteggiamento della Commissione Europea nella fase di approvazione dei piani strategici della PAC 2023-2027 pare abbia risentito del nuovo contesto che si è determinato negli ultimi mesi. Il rigore nella valutazione dei programmi e la resistenza dei servizi comunitari alle proposte dei singoli Paesi membri sono stati inferiori rispetto a quanto ci si aspettava, sulla base dei documenti preparatori della Commissione. Il risultato è un certo ridimensionamento delle ambizioni ambientali della nuova PAC, come è stato diffusamente denunciato da molte organizzazioni non governative dell’ambientalismo e dell’ecologismo europei.

Tra le reazioni meno evidenti andrebbe annoverata anche l’inattesa accelerazione che si è registrata a livello europeo nel preparare la proposta legislativa sulle nuove tecniche genomiche. Questa operazione non è più solo evocata in modo debole e generico, come avvenuto con la Comunicazione Farm to Fork. Per la prima volta la Commissione europea ha individuato un percorso operativo, fissando come termine il secondo trimestre del 2023, come scadenza per la presentazione della proposta legislativa ufficiale.

In generale, quanto accaduto negli ultimi tempi ha comportato un cambio di atteggiamento nei confronti del ruolo dell’innovazione nella moderna agricoltura. Sta crescendo la schiera di chi ritiene necessario coniugare la sostenibilità con la produttività ed è favorevole al modello di agricoltura moderna, rispetto agli approcci che guardano al passato, in un contesto di insicurezza alimentare e di aumento della frazione di reddito disponibile da impiegare per il bisogno primario dell’accesso al cibo.

Anche l’Italia ha messo in campo delle azioni per scongiurare il pericolo all’indebolimento del già per certi versi fragile sistema alimentare. Tra gli esempi da menzionare ci sono sicuramente i crediti di imposta a favore delle imprese che acquistano gas naturale, energia elettrica e carburante agricolo, che hanno la funzione di scongiurare il rischio di riduzione della produzione.

Ci sono stati poi numerosi interventi di sostegno post Covid e post conflitto, con una spesa complessiva a favore del settore agro-alimentare, di qualche miliardo di euro, utilizzati per finanziare misure di indubbia efficacia, ma anche interventi poco selettivi.

Non è il caso in questa sede affrontare la materia, che però merita di essere valutata con accuratezza, per evidenziare errori e cattivo impiego dei fondi pubblici, i quali peraltro, per buona parte sono a debito.

 

Possibili ricadute per i professionisti dell’agricoltura

Il tema della sicurezza degli approvvigionamenti, in un contesto di fenomeni esterni difficilmente controllabili (pandemia, conflitto bellico, cambiamenti climatici), oltre ad essere complesso, ha una portata piuttosto ampia e non è facile individuare in che modo possa influire sulle attività dei professionisti attivi nel settore agricolo.

Le riflessioni che ho avuto modo di svolgere nella fase di preparazione dell’intervento hanno suscitato alcune suggestioni che di seguito sono descritte.

Vi è l’esigenza per le diverse professionalità attive nel settore primario di modificare l’approccio verso la propria attività, per tenere conto del contesto di instabilità nel quale il settore opera. Così come un imprenditore di successo reagisce a fronte di cambiamenti delle condizioni di contesto e del mercato, riuscendo a catturare eventuali minacce o opportunità che si presentano, allo stesso modo il professionista al servizio dell’agricoltura deve sforzarsi di interpretare lo scenario ed operare di conseguenza.

Sotto tale profilo ci sono tre elementi concreti sui quali sarebbe opportuno riflettere:

  • La modifica profonda della struttura dei costi e dei prezzi in agricoltura, che implica nuove esigenze per l’impresa ed esige risposte meditate;
  • L’instabilità pare non finisca nel giro di pochi mesi, quindi ci si deve chiedere in che modo sia possibile contribuire a fornire soluzioni non solo di tipo congiunturale;
  • I fenomeni macroeconomici in corso, tra i tanti effetti, hanno comportato anche un aumento notevole dei tassi di interesse e ciò implica nuove condizioni di contesto per la gestione finanziaria delle imprese e per l’utilizzo della liquidità.

Gli interventi per affrontare l’emergenza a livello di Unione europea e nazionale, ci saranno pure nei prossimi mesi, come emerge anche dalle proposte formulate dal Governo per la legge di stabilità 2023-2025, pertanto è opportuno seguire i processi decisionali, in modo da offrire ai propri referenti servizi aggiornati, qualificati e pertinenti.

Infine, nel medio e nel lungo termine, i professionisti dell’agricoltura devono affrontare la difficile sfida di coniugare i due irrinunciabili e collegati obiettivi della produttività e della sostenibilità.

 

 

Autore : Ermanno Comegna

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