La gatta frettolosa e la mini-revisione della PAC

La gatta frettolosa e la mini-revisione della PAC

Il 26 marzo i rappresentanti degli Stati membri nel Consiglio Agricolo UE – costituitosi in Comitato Speciale Agricoltura – hanno approvato una “revisione mirata” di alcuni punti della Politica Agricola Comune (PAC) per iniziare a dare attuazione legislativa al pacchetto di proposte presentate dalla Commissione il 15 marzo sotto la pressione delle piazze agricole. Seguendo la procedura basata sul cosiddetto “trilogo” tra Istituzioni comunitarie, le modifiche dovranno comunque essere approvate dal Parlamento Europeo, che le esaminerà a fine aprile.

 

Dalle notizie in arrivo da Bruxelles, verrebbero introdotte alcune deroghe alle rigide norme sulla “condizionalità” ambientale, in modo da rendere più flessibili ed aderenti alle specifiche realtà locali alcuni adempimenti, come quello sull’avvicendamento delle colture o sull’obbligo di ritirare dalla produzione il 4% delle superfici agricole, per beneficiare dei “sussidi” europei.

 

Senza entrare nei dettagli tecnici – more solito molto complessi – le piccole “semplificazioni” sembrerebbero finalizzate ad allentare il rigido dirigismo che caratterizzava l’impostazione della PAC entrata in vigore solo pochi mesi fa. Resta da capire – ed i prossimi mesi saranno decisivi in tal senso – se le pur modeste “aperture” rappresentino una semplice “concessione elettorale” alla cosiddetta “protesta dei trattori”, oppure se costituiscano il primo passo di una revisione più profonda delle politiche agrarie, che guardi concretamente alla realtà di una Europa in cui la “questione agricola” potrebbe assumere aspetti sempre più rilevanti per la stessa sicurezza alimentare nell’UE e nel mondo, oltre che per la libera iniziativa degli imprenditori.

 

L’impressione è che da un lato ci si sia mossi sotto l’incalzare delle piazze e che dall’altro, come dice un antico detto, “la gatta frettolosa abbia fatto i gattini ciechi”. Di fronte alla “novità”, anche mediatica, delle piazze in rivolta, i vertici UE non hanno trovato altra soluzione che blindare le concessioni estorte in un viluppo burocratico che le renda quasi auto paralizzanti e non muti la sostanza chiudendosi nel “latinorum” degli addetti, perché il distacco cresce anziché ridursi. Ed ecco lo spontaneo richiamo alla gatta.

 

All’atto pratico, mentre tutti guardano a Bruxelles, sarebbe opportuno prestare attenzione a quanto avviene a livello nazionale. Se l’UE si mostra intenzionata ad allentare la morsa burocratica sulle aziende agricole, la nostra AGEA (l’Agenzia italiana per le Erogazioni in Agricoltura) con una specifica circolare di stampo vagamente “orwelliano” introduce l’obbligo di compilazione di un minuzioso registro delle operazioni colturali da gestire su un portale telematico complicatissimo. La quantità di dati di cui viene richiesta la registrazione quotidiana pare essere enorme – al punto che la stessa circolare dell’AGEA li suddivide in dieci sezioni dell’applicativo telematico – e quasi impossibile da gestire per il singolo agricoltore (spesso di età non “verdissima” e non di rado privo degli strumenti informatici per operare).

 

Se si pensa che il valore medio nazionale dei “titoli” dei contributi PAC si aggira sui 170 euro per ettaro, i costi derivanti dal nuovo adempimento – assolutamente incomprimibili e svincolati dalla produzione – rischiano di trasformare (specie per le aziende di dimensioni medio-piccole) i cosiddetti “sussidi” all’agricoltura in una semplice partita di giro a vantaggio di un elefantiaco apparato burocratico-amministrativo che ben poco ha a che fare con la produzione di alimenti, con la tutela dell’ambiente e la gestione del territorio. Insomma, manca una chiara espressione di politica concreta: con i rappezzi in fase pre-elettorale non si va molto lontano.

 

 

 

 

 

Autore : Flavio Barozzi, Presidente della Società Agraria di Lombardia e Dario Casati, Professore emerito di Economia agraria all'Università di Milano - IBL, Rassegna Stampa

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