Transizione ecologica nell’agroalimentare: il ruolo dei Laureati in Agraria e Forestali

Transizione ecologica nell’agroalimentare: il ruolo dei Laureati in Agraria e Forestali

La pandemia di Covid-19 ha drammaticamente portato in primo piano il grave rischio posto dalle zoonosi. Il Covid-19, non sarà certamente l’ultima malattia infettiva trasmessa da animali a minacciare il genere umano, anche se non sappiamo quando arriverà una nuova epidemia. La necessità di prevenire e gestire adeguatamente le zoonosi non è però l’unica sfida che il genere umano deve affrontare: dobbiamo mitigare il cambiamento climatico ed adattare i sistemi produttivi alle nuove condizioni, gestire lo smaltimento dei rifiuti, trasformandoli ogni qualvolta possibile in materie seconde o terze, utilizzare in modo sostenibile le risorse naturali rinnovabili (acqua, aria, suolo, biodiversità, ecc.) e limitare l’uso di quelle non rinnovabili, ridurre le disuguaglianze economiche e sociali all’interno dei Paesi e tra Paesi, per citare solo le sfide più pressanti. Ed è evidente che queste sfide sono tra loro intimamente interconnesse e strettamente interdipendenti. Ma la più grande sfida da affrontare è quella di soddisfare la crescente domanda di alimenti sani e nutrienti della popolazione mondiale, sempre più numerosa e più urbanizzata, senza erodere ulteriormente la base delle risorse naturali su cui poggia la produzione agricola e in un contesto di cambiamento climatico. In altre parole, l’esigenza di garantire la sicurezza alimentare e nutrizionale per tutti senza che le basi economiche, sociali ed ambientali della sicurezza alimentare e della nutrizione per le generazioni future siano compromesse.

La sostenibilità dei sistemi agroalimentari poggia sulla realizzazione di quattro componenti:

  1. L’intensificazione sostenibile della produzione agricola, che permetta di produrre più alimenti con meno inputs, aumentando la produttività dei fattori di produzione, in particolar modo della superficie coltivata; l’innovazione tecnologica che guida questo processo conta, tra le altre, sullo sviluppo e sull’applicazione di tecnologie informatiche e della comunicazione per l’agricoltura e la selvicoltura di precisione, sulla diffusione delle tecniche di agricoltura rigenerativa e di sequestro del carbonio atmosferico, sull’incremento della biodiversità degli agroecosistemi anche mediante pratiche agroforestali, sullo sviluppo di nuove varietà più adatte per mezzo di tecniche di evoluzione assistita (TEA);
  2. L’adozione di diete sostenibili, che innovino il modo di consumare, riducendo gli sprechi alimentari e previlegiando un’alimentazione sana ed equilibrata; l’innovazione sociale necessaria si basa sulla diffusione tra i consumatori di comportamenti di consumo consapevole, sull’arricchimento nutrizionale degli alimenti, sulla riduzione di perdite e sprechi alimentari;
  3. La gestione delle risorse naturali (acqua, suolo, energia, biodiversità), in modo da garantire ecosistemi sani e resilienti, mediante la protezione delle aree naturali e della fauna selvatica, l’espansione e la manutenzione delle foreste urbane, la gestione delle aree rinselvatichite, l’adozione di pratiche di economia circolare e la trasformazione dei rifiuti in materie seconde o terze;
  4. L’equità delle filiere agroalimentari, che offrano a tutti gli attori un giusto riconoscimento del contributo che offrono, promuovendo innovazioni organizzative quali la programmazione territoriale dell’uso delle risorse e del riciclo dei rifiuti, l’aggregazione dei produttori in forme organizzate orizzontali e verticali, la difesa dell’equità di genere.

La transizione verso sistemi agroalimentari sostenibili si basa quindi sull’innovazione del modo di produrre, trasformare, immagazzinare, distribuire e consumare cibo. Non solo innovazione tecnologica, ma anche innovazione organizzativa e innovazione sociale. E l’innovazione sottintende ricerca che crei nuova conoscenza, comporta integrazione di acquisizioni scientifiche con saperi esperienziali e conoscenze tradizionali, significa trasformazione di vecchia e nuova conoscenza in valore economico, sociale ed ambientale ed implica infine il coinvolgimento di tutti gli attori e di tutti i portatori di interesse.

Questa transizione del sistema agroalimentare richiede quindi che tutti i professionisti che operano nel settore svolgano attivamente un ruolo funzionale di grande importanza. La prima funzione è legata alla assegnazione di priorità alle tematiche della sostenibilità in tutte le strategie e le politiche agroalimentari e nei programmi di investimento sia pubblici che privati – quello che in inglese viene definito mainstreaming. Questo processo è già largamente in atto in molte aziende private e nell’amministrazione pubblica, ma necessita di essere ulteriormente rafforzato.  La transizione ecologica del sistema agroalimentare è però un problema complesso, che richiede l’adozione di un approccio sistemico e transdisciplinare per l’identificazione e l’attuazione di soluzioni complesse. I Dottori in Scienze Agrarie e Forestali, per l’intima essenza della loro formazione, sono più attrezzati di altri professionisti ad affrontare la complessità e ad operare come organizzatori sistemici di conoscenze. Qualsiasi progetto trova però applicazione pratica e ottiene gli impatti aspettati solo quando è condiviso da tutti gli attori e le parti interessate. La terza funzione è quindi quella di creare empatia mediante modelli partecipativi che coinvolgano i portatori di interesse nei processi decisionali fin dalle loro prime fasi. Gli interventi progettuali o programmativi devono essere accuratamente ideati adottando modalità progettuali avanzate, secondo gli standard accettati a livello internazionale. La nuova progettualità richiede inoltre di valutare ex ante ed ex post gli interventi progettati, come previsto anche dal PNRR (riforma degli Organismi Indipendenti di Valutazione [OIV] e misurazione della outcome-based performance per le amministrazioni pubbliche).

Queste funzioni richiedono l’utilizzazione di approcci tradizionali integrati da metodi innovativi, quali l’adozione del pensiero sistemico e dell’approccio One Health, l’istituzione di reti professionali che promuovano la transdisciplinarietà degli interventi, la progettualità basata sui risultati (results-based management), le metodologie partecipative quali il multi-stakholder approach. Ne risulta quindi che i professionisti attivi nel sistema agroindustriale, oltre a consolidare ed aggiornare le competenze tecniche di cui sono già in possesso, si debbono dotare di capacità addizionali, quali l’uso degli indicatori di sostenibilità, la progettualità con l’approccio di quadro logico, le metodologie di monitoraggio e valutazione di impatto ambientale, economico e sociale degli interventi progettati. Alle nuove capacità, si devono affiancare le cosiddette soft skills (comunicazione, facilitazione, attitudine al lavoro d’équipe interdisciplinare, design thinking).

La transizione verso la sostenibilità del sistema agroalimentare pone in conclusione nuove sfide ad agronomi e forestali e apre al contempo nuove interessanti opportunità professionali. La FIDAF, da sempre dedita all’aggiornamento professionale dei Dottori in Scienze Agrarie e Forestali, è impegnata a fornire opportunità formative adeguate ad affrontare le sfide che abbiamo di fronte e a cogliere le nuove opportunità professionali.

 

Autore : Andrea Sonnino – Presidente della FIDAF

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *