Saper comunicare, saper interagire: il settore agroalimentare all’incrocio delle competenze ed il ruolo del dottore agronomo
Nel sistema agroalimentare attuale, la figura del dottore agronomo ha assunto un ruolo di crescente complessità e rilevanza, collocandosi al crocevia tra la produzione primaria, la gestione della qualità e la conformità normativa dei processi. Tale evoluzione è conseguenza diretta dell’ampliarsi degli standard volontari e cogenti che disciplinano la sicurezza alimentare, la sostenibilità ambientale e la tracciabilità, ambiti nei quali la certificazione, in quanto aspetto dichiarativo, costituisce uno strumento essenziale di garanzia per il mercato e per il consumatore.
In un simile contesto, ad elevato grado di strutturazione ed evoluzione, la complessità normativa, tecnologica e gestionale rende impossibile operare in modo isolato. Ogni fase, dalla produzione primaria lungo l’intera filiera, richiede non solo competenze specialistiche, ma anche la capacità di comunicare efficacemente e di interagire con professionisti di ambiti differenti. L’agronomo, tradizionalmente percepito come figura legata alla produzione primaria e della gestione aziendale, nella declinazione quasi “rurale”, è oggi chiamato a svolgere un ruolo di mediazione interdisciplinare, collocandosi in un punto d’incontro tra scienza, tecnica e diritto. In particolare, nel contesto della certificazione agroalimentare, questo ruolo si manifesta in modo emblematico: la qualità non è solo un fatto tecnico, ma anche un requisito contrattuale e valore giuridico, pertanto in grado di produrre conseguenze legali, quali l’efficacia dichiarativa di un requisito riferito ad un prodotto alimentare.
La complessità del sistema agroalimentare e la sfida della comunicazione
L’evoluzione del sistema agroalimentare ha portato ad una profonda trasformazione delle competenze e necessità richieste al mondo professionali. Quindi, oggi, l’agricoltura non è più soltanto produzione, ma anche gestione della qualità, tracciabilità delle informazioni, sicurezza degli alimenti e sostenibilità, ambiti in cui il dato tecnico si intreccia in continuo con aspetti giuridici. Questa intersezione rende imprescindibile una competenza nuova, che anticipa la capacità, fondamentale, di saper comunicare al consumatore, e si esprime in termini di capacità di comunicare e interagire tra discipline differenti.
Nel contesto della qualità delle produzioni alimentari l’agronomo si trova quotidianamente a dialogare con figure diverse: tecnologi alimentari, biologi, veterinari, consulenti ambientali, giuristi e avvocati. Questa interazione non è più episodica, ma strutturale: ogni decisione tecnica o gestionale soggiace o produce effetti normativi, e ogni interpretazione giuridica richiede la corretta comprensione del contesto tecnico. Il settore agroalimentare è dunque diventato un laboratorio di interdisciplinarità applicata, nel quale la comunicazione interprofessionale diventa condizione necessaria per la validità, la stabilità e l’efficacia dei processi.
La certificazione in campo agroalimentare, sia essa regolata da normative di diritto pubblico (biologico, Dop, Igp, SQNPI, SQNBA, per citarne solo alcuni) sia fondata su norme di diritto privato (GLOBALG.A.P., BRCGS, IFS, FSC, ASC, standard ISO, ecc.), presenta una duplice dimensione: tecnica da un lato, giuridica dall’altro. L’agronomo interviene nel primo dominio, curando gli aspetti agronomici, ambientali, produttivi, ma anche gestionali e documentali, che consentono l’adesione e rispondenza agli standard, ma il suo operato si proietta inevitabilmente nel secondo, poiché le risultanze tecniche costituiscono elementi di evidenza documentale e di responsabilità amministrativa e civile.
Il sistema di certificazione, infatti, è costruito su un principio di “diligenza professionale qualificata” (art. 1176 c.c., comma 2), che impone agli operatori del settore di predisporre, mantenere e verificare sistemi di gestione coerenti con le norme tecniche e con la normativa di riferimento. Ne deriva che l’attività dell’agronomo, produce effetti giuridici indiretti, essendo alla base di attestazioni, audit e relazioni che vengono utilizzate in procedimenti amministrativi o giudiziari.
La certificazione agroalimentare rappresenta quindi un sistema normativo-tecnico complesso in cui il linguaggio agronomico e quello giuridico devono necessariamente dialogare. Gli standard internazionali e le normative europee e nazionali in materia di sicurezza o qualità alimentare, pur essendo strumenti di regolazione tecnica, producono effetti giuridici vincolanti: incidono su responsabilità, contratti, controlli ufficiali e, in taluni casi, su contenziosi amministrativi e civili.
In tale contesto, saper comunicare significa tradurre l’evidenza tecnica in un linguaggio chiaro, verificabile e giuridicamente utilizzabile. L’agronomo oggi progetta sistemi qualità, evoluzione del classico elaborato tecnico agronomico, basati su analisi di contesto, del rischio, rapporti di audit, che diventano parte integrante della documentazione probatoria di un’impresa agroalimentare. Il giurista, dal canto suo, deve comprendere la logica tecnica di tali documenti per poterne valutare la validità formale e sostanziale. Nasce così un terreno comune, in cui la comunicazione non è accessoria ma strutturale: l’affidabilità e la veridicità dei processi dipendono ora dalla qualità delle evidenze e la certezza del diritto e, in ultima analisi, dalla qualità della relazione tra professionisti.
L’interazione professionale
Nel contesto della certificazione agroalimentare, la multidisciplinarietà non è un valore accessorio, bensì un presupposto operativo. L’agronomo potenzialmente condivide la propria funzione con tecnologi alimentari, biologi, veterinari e, sempre più frequentemente, con giuristi e avvocati. Ciascuna di queste figure concorre alla costruzione di un sistema di garanzia integrato della qualità, nel quale il rispetto delle norme tecniche si intreccia con la conformità ai precetti giuridici.
Il tecnologo alimentare, ad esempio, approfondisce le caratteristiche di processo e di trasformazione, mentre il veterinario presidia gli aspetti sanitari e di benessere animale. Il biologo interviene sui controlli analitici e sui limiti di contaminazione. L’agronomo, in tale rete, si colloca in posizione “trasversale”, valutando la sostenibilità agronomica, l’origine delle materie prime, le pratiche colturali, e tanto altro, che costituiscono fattori da garantire mediante sistemi di tracciabilità. Tuttavia, la piena efficacia di tale rete dipende dalla collaborazione privilegiata con i giuristi, che traducono le risultanze tecniche in atti, clausole contrattuali, istruttorie o contenziosi, garantendo che la prova tecnica abbia tenuta legale. CI si trova quindi di fronte ad una doppia intersezione trasversale, dove componente tecnica di filiera va ad incardinarsi sulla componente giuridica.
Quindi, saper interagire nel settore agroalimentare significa riconoscere che nessuna competenza, da sola, è sufficiente a garantire la conformità di un sistema produttivo. L’agronomo valuta la sostenibilità e la tracciabilità delle pratiche agricole e di filiera; il tecnologo alimentare verifica i parametri di processo e conservazione; il veterinario presidia il benessere animale e la sicurezza sanitaria; il biologo controlla gli aspetti analitici e microbiologici. Infine, l’intero edificio tecnico trova fondamento nella base giuridica: la conformità deve infatti essere espressa, documentata e difesa all’interno di un quadro normativo preciso.
L’interazione, dunque, non si limita allo scambio di informazioni, ma si realizza nella costruzione condivisa di un linguaggio operativo comune, capace di tradurre le risultanze scientifiche in termini di responsabilità e validità giuridica. Un audit agronomico, una valutazione del rischio ambientale o un piano di gestione fitosanitaria possono acquisire valore probatorio solo se redatti secondo criteri che consentano al giurista di comprenderne la portata tecnica e al contempo verificarne la coerenza normativa. In questo senso, l’agronomo diventa un interprete tecnico che, nel comunicare con gli altri professionisti, deve possedere consapevolezza dei limiti giuridici e delle conseguenze documentali delle proprie affermazioni.
La certificazione agroalimentare, pertanto, rappresenta uno spazio operativo in cui il linguaggio tecnico assume valore giuridico. Le norme tecniche, i protocolli di audit, i disciplinari di produzione e le check-list di conformità vanno costruiti in modo tale da trasformare una valutazione scientifica o tecnica in un atto di garanzia legale. L’agronomo, in tale sistema, non svolge soltanto un ruolo esecutivo o operativo, ma partecipa alla produzione di atti di scienza a rilevanza giuridica quali: sistemi di gestione qualità, verbali di prelievo campione, rapporti di audit, analisi di rischio o contesto, relazioni di conformità. La loro validità non dipende solo dall’accuratezza tecnica, ma anche, e soprattutto, dalla chiarezza comunicativa e dalla capacità di dialogare con le regole del diritto. Saper comunicare, in questo senso, significa essere consapevoli che l’elaborato può tradursi in responsabilità civile o amministrativa, ai sensi dell’art. 1176, comma 2, c.c., che impone al professionista l’obbligo di una diligenza qualificata.
Le implicazioni giuridiche del dato tecnico
Il dato tecnico elaborato dall’agronomo non è mai neutro, assume valore probatorio quando utilizzato per attestare la conformità a una norma o per giustificare un comportamento aziendale. In questo senso, le verifiche documentali, i piani di campionamento, i registri aziendali e i rapporti di audit assumono natura di atti a rilevanza giuridica. Questi, rientrano nella categoria degli “atti di scienza” e possono concorrere, in sede giudiziaria o amministrativa, alla formazione del convincimento del giudice o dell’autorità competente. L’agronomo, quindi, non si limita a fornire consulenza tecnica, ma partecipa con il proprio sapere specialistico alla costruzione di un percorso probatorio.
Ne deriva un’esigenza di integrazione tra linguaggio tecnico e linguaggio giuridico, poiché solo la corretta traduzione del contenuto agronomico in forma coerente alle esigenze del diritto consente la piena valorizzazione del sistema professionale. La collaborazione tra agronomi e giuristi diviene, pertanto, essenziale per evitare che i rilievi agronomici, sebbene corretti nella sostanza, risultino inefficaci sul piano formale o probatorio.
Quindi, nel diritto agroalimentare, il dato tecnico assume progressivamente natura giuridica e l’agronomo non opera quindi solo come esperto, ma come soggetto certificante di fatto, la cui attività deve essere fondata su evidenza, oggettività, trasparenza e coerenza formale, principi sanciti anche dalla ISO 19011 (Linee Guida per audit sistemi di gestione). La chiarezza comunicativa diviene, pertanto, un presidio di legalità: ciò che non è comunicato in modo chiaro può trovare difficoltà in sede di verifica o difesa. Infatti, in ambito giudiziario o amministrativo, la corretta redazione di un documento tecnico può determinare la differenza tra una responsabilità accertata e una condotta diligente. Per questo, l’agronomo deve sviluppare una “competenza giuridica di contesto”, avendo cura e perizia nel comunicare i risultati tecnici secondo parametri di verificabilità e pertinenza, così da renderli utili non solo ai tecnici, ma anche a chi, come il giurista, ha il compito di interpretarli alla luce del diritto.
La comunicazione quindi non è soltanto un mezzo di trasmissione del sapere, ma una tecnica di garanzia. Il Regolamento (UE) 2017/625 sui controlli ufficiali, ad esempio, fonda l’intero sistema di vigilanza sull’obbligo di fornire “informazioni accurate, verificabili e documentate”. La tracciabilità, principio cardine dei sistemi qualità, si realizza attraverso la comunicazione strutturata del dato tecnico. Un documento incompleto, ambiguo o non contestualizzato può comportare l’invalidità di una certificazione, la sospensione di un marchio o, nei casi più gravi, una sanzione amministrativa o penale.
L’agronomo, in questa prospettiva, deve possedere una competenza comunicativa di taglio giuridico, rappresentata dalla capacità di rendere intellegibili le informazioni tecniche agli altri professionisti e agli organi di controllo. Ciò significa conoscere non solo la materia prettamente agronomica, ma anche la grammatica documentale del diritto, che trova espressione nel contestualizzare, esplicitare le fonti normative di riferimento, utilizzare terminologia standardizzata e adottare criteri di verificabilità oggettiva. Un elaborato tecnico-agronomico, non può limitarsi a esporre un dato analitico ma deve chiarire il metodo, la norma di riferimento, le condizioni di campionamento e le implicazioni per la conformità del prodotto. Solo così il dato tecnico diventa dato giuridicamente spendibile.
Verso una nuova cultura interdisciplinare
L’esperienza maturata nel campo della certificazione agroalimentare mostra come la distinzione tra competenze tecniche e giuridiche vada progressivamente attenuandosi. I sistemi di conformità richiedono un approccio integrato, nel quale l’agronomo è chiamato a conoscere i presupposti giuridici delle proprie “riflessioni” professionali, così come il giurista deve comprendere la struttura tecnica dei processi produttivi e di controllo. L’interazione tra i due profili professionali crea lo spazio culturale di interscambio di competenze, saperi e approcci.
In prospettiva, ciò suggerisce la necessità di promuovere una formazione interdisciplinare: corsi, master e percorsi di aggiornamento che consentano agli agronomi di familiarizzare con la normativa e agli operatori del diritto di acquisire competenze sul metodo tecnico e sulle logiche della certificazione. Solo attraverso tale dialogo è possibile garantire che la complessità del sistema agroalimentare sia gestita in modo coerente, trasparente e difendibile, evitando disallineamenti tra realtà produttiva e rappresentazione giuridica.
La vera sfida del settore agroalimentare contemporaneo non consiste più soltanto nell’adozione di standard tecnici, ma nella capacità di integrarli in una cultura della comunicazione interdisciplinare. Agronomi e giuristi devono imparare a condividere un linguaggio comune, fondato su chiarezza, precisione terminologica e consapevolezza reciproca dei rispettivi metodi. Ciò implica la promozione di percorsi formativi congiunti capaci di formare figure ibride, in grado di muoversi con competenza tra processi tecnici e riflessioni giuridiche.
Saper interagire, quindi, non significa semplicemente lavorare insieme, ma costruire un linguaggio condiviso. L’interazione richiede mediazione semantica e funzionale, dove ciascuna professione deve saper rendere il proprio contributo comprensibile e utile all’altra.
Nel processo di certificazione, un audit condiviso da tecnici e legali comporta una cooperazione interpretativa: la valutazione di un’irregolarità nel processo di gestione della qualità può avere esiti giuridici differenti a seconda che venga qualificata come non conformità minore, maggiore o critica, misura che determina un differente “impatto” determinato non più solo dalla norma tecnica ma a cui concorre la norma legislativa. Infatti, la definizione di tali categorie, apparentemente tecnica, determina però conseguenze contrattuali o amministrative concrete. L’interazione efficace si fonda, pertanto, su un principio di corresponsabilità documentale, secondo il quale ogni professionista contribuisce a una rappresentazione unitaria della realtà produttiva. Un’informazione tecnica non verificata o non condivisa può infatti compromettere la difendibilità dell’intero sistema di qualità.
Il diritto contemporaneo tende a riconoscere al dato tecnico un valore sempre più probatorio. Nel settore agroalimentare, la prova di conformità a un disciplinare, la dimostrazione della diligenza in materia di sicurezza o la tracciabilità di una partita di prodotto dipendono spesso da atti redatti da tecnici, e tra questi, dall’agronomo. Tali atti, come premesso, non hanno natura giuridica formale, ma possono essere atti di scienza rilevanti ai fini processuali, ai sensi della giurisprudenza consolidata in materia di consulenza tecnica d’ufficio e perizia di parte. Tra tutti il caso previsto dall’art. 12 del Dl.vo 2018/148, rubricato “Controperizia”. Ciò implica che l’agronomo debba operare secondo il principio di diligenza qualificata, fornendo dati precisi, verificabili e coerenti con le norme tecniche e giuridiche applicabili.
Questa connessione tra scienza e diritto è il punto nevralgico dell’interazione interdisciplinare:
- il giurista deve poter comprendere il significato tecnico del documento;
- il tecnico deve sapere che la propria relazione potrà essere interpretata in sede legale;
- entrambi devono garantire la coerenza formale del contenuto con il quadro normativo.
In questo senso, “saper comunicare” e “saper interagire” diventano non solo abilità relazionali, ma doveri professionali che incidono sulla validità della certificazione e sulla tutela della collettività.
Solo così sarà possibile realizzare una modello organizzativo della qualità realmente efficace, in cui la responsabilità tecnica e quella giuridica non si limitino a coesistere, ma si rafforzino reciprocamente. Saper comunicare e saper interagire non è dunque un accessorio del mestiere: è la chiave di legittimità e credibilità di ogni sistema agroalimentare moderno.
Conclusioni: verso una cultura condivisa del sapere agroalimentare
L’agronomo che opera nella certificazione non è più soltanto un tecnico della produzione, ma un mediatore di conformità tra il mondo della prassi agricola e quello delle regole giuridiche. Il suo ruolo si sostanzia in un’attività di osservazione, valutazione e espressione documentale che produce effetti diretti sulla legittimità delle procedure, sulla difendibilità delle posizioni aziendali e sulla tutela dell’interesse pubblico alla sicurezza e alla qualità alimentare. In tale prospettiva, la collaborazione con giuristi e avvocati non è solo utile, ma necessaria per garantire la solidità tecnica e la tenuta giuridica dei sistemi di certificazione, che rappresentano oggi una delle frontiere più avanzate dell’integrazione tra scienza agraria e diritto.
Il settore agroalimentare si trova oggi “all’incrocio di competenze”, in un equilibrio dinamico tra tecnica, scienza e diritto. In questo spazio di confine, l’agronomo svolge la funzione di ponte tra la realtà produttiva e la dimensione normativa, traducendo il linguaggio del campo in quello della conformità, interprete istituzionale della conformità, capace di dialogare con i linguaggi della legge e del mercato. Tale ruolo, però, può essere esercitato solo se fondato su tre aspetti cardine:
- saper comunicare, per rendere il sapere tecnico comprensibile, trasparente e verificabile;
- saper interagire, per costruire un dialogo paritario con gli altri professionisti del sistema;
- saper integrare, per dare forma a un sapere condiviso, al servizio della legalità e della sicurezza alimentare.
In un’epoca in cui la fiducia del consumatore e la legittimità dei processi si fondano sulla trasparenza e sulla responsabilità condivisa, la comunicazione interdisciplinare diventa fondamento di garanzia di correlata all’alimento. Solo dove l’agronomo e il giurista costruiscono un registro comunicativo armonico ed efficace, il diritto agroalimentare può davvero diventare strumento di tutela e di fiducia.
Riferimenti bibliografici (sintesi)
- Regolamento (UE) 2018/848, relativo alla produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici.
- Regolamento (UE) 2017/625, sui controlli ufficiali lungo la filiera agroalimentare.
- Regolamento (UE) 2021/382, recante modifiche al Reg. (CE) n. 852/2004 sull’igiene dei prodotti alimentari.
- Codice civile, art. 1176, comma 2 – diligenza del professionista qualificato.
- Codice del consumo (D.Lgs. 206/2005), artt. 102 ss. – sicurezza e responsabilità del produttore.
- Decreto Legislativo 2018/148, Adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) n. 2018/848, relativo alla produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici
- Cfr. G. Albisinni, “Diritto agrario e interdisciplinarità”, in Rivista di Diritto Agrario, 2021.
- Cfr. A. Germanò, Trattato di Diritto Agrario, Giuffrè, Milano, 2018.

