Il nuovo volto dei liberi professionisti, tra crescita, divari e sfide globali
Presentato oggi a Roma il X Rapporto sulle libere professioni in Italia – Anno 2025, a cura dell’Osservatorio di Confprofessioni. Il Rapporto fotografa un comparto in profonda trasformazione. Il ministro Tajani: “Professionisti pilastri della diplomazia e della crescita del Paese”. Il ministro Calderone: “Tre pilastri: formazione, welfare, equo compenso. Aggregazioni sono il futuro”. Il sottosegretario Freni: “In un passaggio epocale segnato da digitale e intelligenza artificiale, dobbiamo adattarci e governare le trasformazioni”. Il presidente di Confprofessioni, Natali: “Il mercato spinge verso attività più organizzate e cresce la presenza delle donne”. Il direttore scientifico dell’Osservatorio, Nannicini: “Necessarie politiche fondate su dati solidi”.
Roma, 10 dicembre 2025. «Voi professionisti siete uno dei pilastri della diplomazia e della crescita del nostro Paese. È per questo che ho voluto firmare con Confprofessioni una dichiarazione di intenti, da oggi lavoreremo ancora di più fianco a fianco». Con queste parole, affidate a un videomessaggio, il vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha aperto oggi, a Roma, presso Palazzo Altemps, l’evento di presentazione del X Rapporto sulle libere professioni in Italia – Anno 2025, curato dall’Osservatorio di Confprofessioni e intitolato “Identità in transizione. Le professioni intellettuali tra mercati, algoritmi e territori”. Alla presentazione sono intervenuti il ministro del Lavoro e delle politiche sociali, Marina Elvira Calderone; il sottosegretario al ministero dell’Economia e delle finanze, Federico Freni; il presidente dell’INAPP, Natale Forlani; il presidente di Confprofessioni, Marco Natali; il direttore scientifico dell’Osservatorio delle libere professioni, Tommaso Nannicini.
Un Rapporto che fotografa un comparto in profonda trasformazione: le libere professioni italiane stanno infatti cambiando volto. Nel 2024 i professionisti sono 1,378 milioni, pari al 5,8% degli occupati e al 27,1% del lavoro indipendente. Dopo la pandemia il comparto è tornato a crescere, trainato soprattutto dai professionisti con dipendenti, mentre arretrano i professionisti senza dipendenti. Il Mezzogiorno guida l’espansione (+17,7%), mentre si registrano sviluppi significativi nelle costruzioni (+54,4% dal 2019) e nei comparti culturali (+21,1%). A cambiare è anche il profilo dei professionisti: più donne (37% del totale, con punte del 40% nel Nord Ovest), più laureati, ma anche più anziani. Sul fronte dei redditi, la crescita nominale (+18,6% dal 2010) non basta a compensare l’inflazione: in termini reali si registra una perdita del 5,4%, con forti divari di genere (54.480 euro per gli uomini contro 29.051 per le donne). A governare questa trasformazione sono le “quattro D” – demografia, dazi, debito e digitale. L’Italia si conferma il Paese più anziano dell’Unione europea, i dazi colpiscono le professioni economico-finanziarie e tecniche, mentre la rivoluzione digitale avanza: l’intelligenza artificiale è ormai diffusa, con il 58,2% dei professionisti che la utilizza frequentemente, tra entusiasmo e cautela.
«Le libere professioni sono un pilastro del nostro sistema economico e sociale, presidio di competenza e fiducia per i cittadini. Il Rapporto conferma la loro attrattività, pur tra cali di reddito, divari di genere e invecchiamento, sfide che il Governo affronta con riforme basate su ascolto, tutele e regole semplici», ha dichiarato il ministro Calderone. «Tre sono i pilastri: formazione continua, welfare professionale ed equo compenso. Le aggregazioni sono il futuro delle professioni: più forza, più competenze più opportunità per i nostri giovani. Oggi serve integrare le competenze per rispondere alle sfide del lavoro. L’intelligenza artificiale è una leva da governare, le persone devono restare al centro, con standard etici e formazione continua a garanzia dell’equilibrio tra tecnologia e responsabilità. Così trasformiamo conoscenza in servizio, competenza in fiducia e responsabilità in coesione sociale».
«I dati del Rapporto ci permettono di guardare al futuro con cauto ottimismo, evidenziano crescita e, soprattutto, aggregazione» ha dichiarato il sottosegretario al ministero dell’Economia e delle Finanze, Federico Freni, intervenuto in videomessaggio. «Il futuro però non aspetta, dobbiamo saperci adattare e governare le trasformazioni. Stiamo vivendo un passaggio epocale, quello del digitale e dell’intelligenza artificiale. Possiamo cavalcarlo, ma occorre abbandonare vecchi schemi e adottare nuovi modelli operativi, capaci di rispondere anche alle sfide geopolitiche ed economiche. Una politica attenta al debito impone più spirito imprenditoriale e mette i professionisti di fronte alla sfida di crescere senza sostegni esterni. La capacità di affrontare il cambiamento dipende da ciascuno di noi».
«Il Rapporto ci dice chiaramente che il mercato spinge verso attività più organizzate e studi di dimensione maggiore: crescono i professionisti datori di lavoro e arretrano gli individuali, un segnale inequivocabile della trasformazione in atto, che indica la necessità di aggregazione, di competenze integrate e di modelli organizzativi capaci di affrontare le nuove sfide del lavoro», ha dichiarato il presidente Natali. «Allo stesso tempo, aumenta la presenza delle donne nelle libere professioni, oggi il 37% del totale con punte del 40% nel Nord Ovest. È un cambiamento importante, che arricchisce il comparto e che dobbiamo sostenere, anche per ridurre i divari di reddito e valorizzare il capitale umano femminile».
«Dopo la contrazione della fase pandemica, le libere professioni sono tornate a crescere, ma in modo selettivo», ha sottolineato il direttore Nannicini. «La ripresa è trainata soprattutto dai settori che hanno beneficiato degli investimenti pubblici e dalle attività più strutturate, mentre permangono differenze rilevanti tra comparti e profili. I dati del Rapporto descrivono identità professionali in transizione, esposte alle grandi trasformazioni del nostro tempo – dal cambiamento demografico alla rivoluzione digitale, dall’instabilità geopolitica ai vincoli del quadro macroeconomico. Per questo il lavoro professionale va considerato una componente strutturale del sistema produttivo e le politiche pubbliche devono fondarsi su dati solidi e analisi rigorose: non si governa ciò che non si conosce».
I dati del Rapporto 2025
Nel 2024 i liberi professionisti in Italia sono 1,378 milioni, pari al 5,8% degli occupati e al 27,1% del lavoro indipendente. L’Italia si conferma così tra i Paesi europei con la più alta presenza di professionisti, che rappresentano oltre un quinto degli indipendenti nell’Unione europea. In particolare, la tendenza all’interno del lavoro indipendente vede l’incremento dei liberi professionisti, che ne rappresentano una quota sempre più rilevante.
Dopo la pandemia, il comparto ha ripreso a crescere: +0,8% tra il 2022 e il 2023 e +1,3% tra il 2023 e il 2024. Nell’ultimo decennio l’aumento è stato dell’8%, una performance migliore rispetto ad altre forme di lavoro autonomo. Tuttavia, i livelli restano ancora inferiori al periodo pre-Covid, con un calo del 3,4% rispetto al 2019.
La crescita è trainata dai professionisti con dipendenti, saliti al 17,6% del totale (erano il 14,2% nel 2019), mentre i professionisti individuali calano (-7,2% negli ultimi cinque anni). Dal 2014, il Mezzogiorno registra gli incrementi più intensi (+17,7%), seguito dal Centro (+11,3%), mentre il Nord Ovest resta stabile (-1,0%) e il Nord Est cresce moderatamente (+3,8%).
Sul piano settoriale, prevalgono le attività scientifiche e tecniche (48,3%) e quelle sanitarie e sociali (17,6%), entrambe in calo nell’ultimo quinquennio. Crescono invece i comparti legati alla trasformazione economica: costruzioni (+54,4% dal 2019) e attività artistiche e culturali (+21,1%). Nel 2024 le professioni intellettuali e ad alta specializzazione rappresentano il 56,7% del totale, seguite dalle tecniche (32,5%).
Il volto delle professioni cambia anche sul piano sociodemografico: le donne sono salite a 510 mila (+19,9% in dieci anni), portando la loro quota al 37% del totale, con punte del 40% nel Nord Ovest. Restano però minoranza negli ambiti tecnici e finanziari (21-24%). Il settore invecchia: gli over 55 passano dal 28,3% al 37,8% tra gli uomini e dal 13,6% al 22,5% tra le donne. Resta forte il divario di istruzione: nel 2024 il 78,2% delle professioniste è laureata, contro il 59,6% degli uomini.
Sul fronte dei redditi, tra il 2010 e il 2023 si registra una crescita nominale del 18,6% (da 37.284 a 44.213 euro), ma in termini reali una perdita del 5,4%, pari a oltre 2.000 euro annui di potere d’acquisto. Il gap di genere è marcato: gli uomini dichiarano 54.480 euro, le donne 29.051 (il 53% rispetto ai colleghi). Purtroppo il trend degli ultimi anni vede accrescere il divario tra redditi degli uomini e redditi delle donne, dimostrando che in termini di pari opportunità c’è ancora molta strada da compiere.
Le perdite più forti colpiscono le fasce centrali e mature, con riduzioni fino al -24,6% tra i 61-70 anni. Rimane ampio il divario reddituale generazionale: il che suggerisce che andrebbero messi in campo strumenti volti a migliorare le condizioni di accesso alle libere professioni. Forte la polarizzazione tra categorie: attuari al vertice con oltre 106 mila euro, seguiti dai commercialisti con 88 mila.
Cresce la platea degli iscritti alla Gestione Separata Inps (+68,4% dal 2015 al 2024), ma i redditi medi, pur saliti nominalmente a 21.380 euro, calano del 12,1% in termini reali.
Le quattro D del cambiamento
Il Rapporto 2025 colloca queste dinamiche nel quadro delle “quattro D” – demografia, dazi, debito e digitale – i grandi vettori che stanno ridisegnando l’economia e la società. L’Italia si conferma il Paese più anziano dell’Unione europea, con 199 over 65 ogni 100 giovani e una natalità ferma a 1,18 figli per donna, mentre il debito pubblico aumenta l’attenzione agli equilibri finanziari complessivi e i dazi frammentano i mercati.
Un focus sui dazi statunitensi mostra la maggiore vulnerabilità dei professionisti che lavorano più a stretto contatto con le imprese esportatrici: professionisti economico-finanziari (201,5), consulenti del lavoro (197,5) e ingegneri (193,8), con valori più alti nel Nord e tra i professionisti over 55. Molto più contenuta l’esposizione per le professioni sanitarie, culturali e giuridiche.
Sul fronte digitale, l’intelligenza artificiale è ormai diffusa: il 58,2% dei professionisti la utilizza frequentemente, soprattutto per testi, ricerca normativa e documentazione. Strumenti come ChatGPT, Gemini, Copilot e Perplexity sono i più impiegati. L’atteggiamento oscilla tra entusiasmo e cautela, con richieste di più formazione e regole chiare sul piano etico e professionale.

