Importanza della innovazione organizzativa

Importanza della innovazione organizzativa

Quando si parla di innovazione viene immediatamente da pensare a complicati software o a nuovi marchingegni elettronici in grado di sostituire il lavoro dell’uomo anche per funzioni complesse. L’innovazione tecnologica non è però limitata al campo delle Information and Communication Technologies, come ben sanno i colleghi che operano in campagna e che sono quotidiani protagonisti dell’introduzione di nuove pratiche agronomiche, di meccanizzazione avanzata, di varietà migliorate più performanti e più resilienti. E spesso le innovazioni che impattano maggiormente sono anche semplici da un punto di vista tecnologico. Basti pensare ai trolley che accompagnano gli spostamenti dei viaggiatori: le valigie sono diffuse fin dall’antichità, e le ruote sono state inventate dai popoli mesopotamici circa 4000 anni fa, ma abbiamo dovuto attendere il 1987 perché venisse in mente all’inglese Robert Plath di accoppiare le due invenzioni, rivoluzionando il modo di trasportare i bagagli.

Le innovazioni più impattanti non sono comunque solo tecnologiche: l’innovazione organizzativa e l’innovazione sociale sono altrettanto importanti per lo sviluppo sostenibile dei sistemi agroalimentari. Ne ho avuto dimostrazione pratica in una recente missione al Cairo, dove ho partecipato alla Fiera Food Africa e incontrato individualmente circa 30 imprenditori egiziani del settore pomodoro. La missione si è svolta nel quadro del progetto Inclusive and sustainable development of Tomato Value Chain in Egypt, implementato dall’UNIDO e finanziato dalla cooperazione italiana. Nei colloqui intercorsi con gli imprenditori hanno certamente suscitato molto interesse gli avanzamenti nello sviluppo di nuovi ibridi F1, nella vivaistica orticola, nella meccanizzazione di trapianto e raccolta e tutte le innovazioni tecnologiche recentemente introdotte in Italia nella coltivazione del pomodoro da industria.

Ma l’aspetto che ha attirato maggiore attenzione è stato quello dei contratti quadro nell’ambito delle Organizzazioni Interprofessionali (OI) riconosciute dal MASAF. Come noto, le OI sono piattaforme che permettono il dialogo tra le Organizzazioni Professionali (riconosciute dal Regolamento (CE) n.1234/2007) e le industrie di trasformazione con la finalità di promuovere buone pratiche agricole e trasparenza di mercato e di governare la filiera del pomodoro da industria. I contratti quadro, che stabiliscono il prezzo di riferimento e gli standard qualitativi, coprono circa il 90% della produzione nazionale, pari a 5,5 milioni di tonnellate, prodotte in circa 65.000 ha, con un fatturato totale di 4 miliardi di Euro[1]. L’Italia occupa così la terza posizione nella graduatoria mondiale della trasformazione del pomodoro, superata solo da USA e Cina. Questo tipo di organizzazione della filiera permette di programmare le produzioni, di dare certezze ai produttori e di promuovere l’innovazione tecnologica del settore, di favorire in altre parole la sostenibilità sociale del settore. In altri Paesi, come l’Egitto, in cui la produzione di pomodoro da industria non è regolata con le stesse modalità, i produttori agricoli si riservano l’opzione di scegliere al momento della raccolta tra mercato del fresco e conferimento all’industria di trasformazione. La mancata programmazione dal momento delle semine comporta difficoltà della gestione della qualità tecnologica del prodotto da trasformare, con pregiudizio della qualità del trasformato, nonostante siano adottate le più moderne tecnologie.

Questo dimostra, se ancora ne esistesse la necessità, l’importanza strategica nei sistemi di innovazione agroalimentare, dell’innovazione organizzativa, che genera a sua volta innovazione tecnologica e innovazione sociale.

 

[1] Dati ANICAV 2022.

 

Redazione Fidaf

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