Caffè e sostenibilità

Caffè e sostenibilità

Il caffè è uno dei prodotti agricoli più commercializzati al mondo. Ogni anno vengono prodotti tra 140 e 150 milioni di sacchi da 60 kg, per un valore superiore a 27 miliardi di dollari. La sua produzione coinvolge circa 25 milioni di agricoltori, per la maggior parte costituenti piccole realtà produttive in oltre 50 paesi in via di sviluppo. Il 70% del caffè prodotto viene esportato e nell’economia dei paesi è spesso il primo prodotto di esportazione (America centrale e meridionale, Africa e sud-est asiatico), mentre la sua commercializzazione e trasformazione, principalmente destinata a Paesi ad alto reddito (Nord America, Unione Europea, Giappone), viene gestita principalmente da poche società transnazionali.

Il mercato del caffè presenta grandissime contraddizioni. Nonostante il grande volume di risorse generate nel commercio mondiale di questo magico prodotto e le vaste aree coltivate a livello globale, esiste una distribuzione disuguale del valore lungo tutta la filiera del processo. Nei Paesi produttori generalmente il consumo di caffè è molto basso, mentre i Paesi consumatori, che non lo producono, sono i maggiori fruitori. Queste sono solo alcune delle tante singolarità del mercato del caffè, le cui crisi ricorrenti fanno sì che il caffè venga considerata la droga legale più commercializzata al mondo, ma molto spesso anche la meno remunerata, perlomeno all’origine.

Comunemente questa disuguaglianza viene correlata a vari fattori. I troppi limiti strutturali inerenti alle attività agricole proprie dei luoghi di coltivazione del caffè, le insufficienti condizioni per lo sviluppo sociale e produttivo, una commercializzazione con scarso valore aggiunto. Inoltre, il caffè è un bene che viene prodotto con bassi investimenti, bassa tecnologia e poca specializzazione, che spesso porta ad un approvvigionamento (leggi accaparramento) elevato ed il cui valore, non sempre remunerativo, viene determinato dalle due borse di New York e Londra, che il più delle volte tengono conto delle scorte, piuttosto che delle produzioni…

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Redazione Fidaf

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