La vexata quaestio dell’estinzione delle api

Andrea Sonnino – Presidente della FIDAF
Alcuni giornali nazionali stanno dedicando molto attenzione alle api e altri insetti pronubi, esprimendo allarme per una loro possibile, prossima estinzione. Gli autori degli articoli al contempo sostengono che l’estinzione delle api porterebbe ad un disastro ecologico di proporzioni tali da mettere in discussione la produzione di alimenti e quindi l’esistenza stessa del genere umano, basandosi anche sulla frase, falsamente attribuita ad Albert Einstein: “Se l’ape scomparisse dalla faccia della terra, all’uomo non resterebbero che quattro anni di vita”. Proviamo a considerare la faccenda basandoci su dati fattuali verificabili.
Prima considerazione: secondo la FAO a livello mondiale le colonie di api sono attualmente oltre 102 milioni (dato 2023), mentre nel 1990 si contavano poco più di 69 milioni di colonie. Solo in Europa possiamo annoverare oltre 22 milioni di colonie, e cioè il 13% in più di quelle presenti nel 1990. In effetti l’inizio di questo secolo aveva fatto registrare un calo notevole della consistenza delle colonie, che però poi è stato abbondantemente recuperato negli ultimi anni. Per quanto riguarda la situazione italiana, le colonie sono circa 1,6 milioni (il dato è sempre riferito al 2023), in netta crescita rispetto al milione di colonie presenti nel 1990. I dati mostrano quindi una tendenza all’aumento delle colonie e non alla loro estinzione.
Seconda considerazione: alcuni giornalisti riportano che il 75% della produzione agricola dipende dall’impollinazione entomofila, confondendo tra percentuale di specie coltivate e percentuale di alimenti prodotti. Le specie agrarie maggiormente coltivate – e quindi produttrici di cibo – si avvalgono di autofecondazione o di impollinazione anemofila, come il frumento, il mais, l’orzo, il riso, la vite e l’olivo, o non hanno bisogno di impollinazione per produrre, come la patata, la banana, la cassava, la patata dolce e l’igname. Per la maggioranza delle leguminose l’impollinazione entomofila è accessoria e affianca l’autoimpollinazione. La verità è che quindi la produzione mondiale di alimenti dipende marginalmente dalla impollinazione da parte di insetti pronubi, anche se potrebbe subire delle conseguenze indirette dalla assenza di api, considerata la grande importanza che l’impollinazione entomofila riveste per molte specie spontanee che popolano gli ecosistemi naturali.
Certo, non possiamo non considerare che le minacce alla sopravvivenza delle api e degli altri impollinatori sono serie e molteplici a cominciare dal cambiamento climatico che sta modificando gli habitat di questi insetti, per continuare con l’ampliamento delle colture cerealicole, che non offrono loro nutrimento utile, e con l’uso di prodotti fitosanitari ad azione insetticida. Gli impollinatori offrono un inestimabile servizio alla salute degli ecosistemi naturali, garantendo la propagazione di molte piante e quindi preservando la biodiversità, nonché alla produzione di alimenti, permettendo la fecondazione in molte specie ortofrutticole e del caffè. Una recente pubblicazione dell’ISPRA identifica i possibili interventi di salvaguardia. Preservare api e pronubi dai pericoli che li minacciano è quindi parte essenziale della strategia di sostenibilità, ma allarmismi eccessivi non contribuiscono alla corretta gestione ambientale. Si corre il pericolo di assuefare l’opinione pubblica agli annunci di catastrofe incombente, con il rischio che quando il lupo arriva davvero non arrivi nessuno in soccorso.