L’approccio sistemico è metodo scientifico, non superstizione

L’approccio sistemico è metodo scientifico, non superstizione

Non si può non concordare con l’articolo di Gianpietro Venturi che parla delle ‘Mille Agricolture’ quando afferma che “L’unica differenza vera è fra agricoltura fatta bene e agricoltura fatta male” e quando specifica che“l’agricoltura fatta bene è caratterizzata da una parola molto usata: sostenibilità. Sostenibilità economica, ambientale, sociale ed etica, con priorità diversa delle quattro a seconda delle specifiche situazioni”.  

Alcuni autori hanno recentemente sostenuto le ragioni delle agricolture denominate da Venturi come ‘agricolture ideologiche”, ispirate cioè da teorie e criteri non basati su evidenza scientifica, adducendo la necessità di superare l’approccio riduzionistico della ricerca scientifica su sistemi complessi come quelli agricoli. Questa argomentazione merita un approfondimento. 

L’esigenza di adottare l’approccio sistemico nelle ricerca agronomica mi trova completamente d’accordo, come esplicitato in molti dei miei scritti. Limitandomi all’ultimo esempio in ordine temporale, un passaggio dell’articolo‘Un nuovo paradigma per il rapporto tra scienza e società: il dialogo nell’agroalimentare’ pubblicato con Paola Carrabba su ‘I tempi della terra’ solo poche settimane fa, recita: “i sistemi agroalimentari non funzionano come la mera somma del funzionamento delle loro parti, ma sono intrinsecamente complessi, essendo le loro caratteristiche determinate più dalle interrelazioni e dalle interazioni delle loro componenti che dalla natura delle componenti stesse. Per il loro studio bisogna quindi complementare l’approccio riduzionistico derivato dal paradigma cartesiano con l’approccio sistemico. La transizione dei sistemi agroalimentari verso la sostenibilità può essere infatti perseguita solo se si tiene nella dovuta considerazione sia la loro intima complessità, sia la loro stretta interconnessione con i sistemi relativi all’ambiente e alla salute umana.  Non si tratta di certo di sostituire la scienza newtoniana, ma di affiancarla e completarla con nuova scienza complementare che affronti lo studio dei fenomeni complessi”. 

D’altronde l’approccio sistemico è connaturato alle scienze agronomiche: il Dizionario Treccani definisce infatti l’agronomia come la “Scienza della coltivazione delle piante. Studia le interconnessioni fra ambiente e agricoltura e le modalità d’intervento dell’agricoltore sui fattori che determinano la produzione delle specie coltivate”.  E continua specificando che “La fase conoscitiva [dell’agronomia] riguarda lo studio dell’influenza esercitata sullo sviluppo della specie coltivata dai fattori climatici (climatologia agraria), dalle caratteristiche del terreno (pedologia agraria), dalla biodiversità circostante e dalle interazioni tra essi (ecologia agraria)”. La complessità dei sistemi agricoli non è quindi una scoperta recente, ma è da sempre ben presente a chiunque si occupi di agricoltura, sia da un punto di vista scientifico, che da una prospettiva imprenditoriale.  

Se parliamo poi di agricoltura integrata, la stessa designazione indica l’integrazione dell’attenta valutazione della qualità del suolo, della sua fertilità e del regime idrico, della difesa delle coltivazioni da patogeni e parassiti e del controllo delle infestanti, nonché della gestione della filiera produttiva, in modo da poter programmare l’uso razionale dei fattori di produzione. L’agricoltura integrata è volta a perseguire la migliore sinergia possibile tra salute dei consumatori finali, salute dell’ambiente ed esigenze produttive ed economiche degli agricoltori. L’agricoltura integrata si basa pertanto di una approfondita conoscenza degli agroecosistemi, completata dalla comprensione dei meccanismi economici e sociali della produzione. L’approccio transdisciplinare diventa quindi l’ovvio strumento utilizzato da studiosi e da imprenditori agricoli. 

Negli ultimi anni la robusta iniezione di informatica per la raccolta e la interpretazione dei dati, la costruzione di modelli previsionali, la automazione delle operazioni colturali ha fornito  un potente strumento per la comprensione e la gestione della complessità del sistema agroalimentare nelle sue dimensioni dinamiche. L’approccio sistemico è quindi intimamente connaturato alla agricoltura di precisione ed alla agricoltura 4.0.

Pochi dubbi dunque sulla validità e sulla rilevanza dell’approccio sistemico, ossia dello studio scientifico delle interconnessioni tra fattori ambientali produttivi, salutistici e sociali unito allo sviluppo di soluzioni tecnologiche atte a governare la complessità dei sistemi agroalimentari. Una cosa è però applicare l’approccio sistemico al sistema agroalimentare, integrando conoscenze basate su evidenza scientifica e saperi esperienziali e sviluppando pratiche complessive di gestione; tutt’altra cosa è pretendere di integrare superstizioni esoteriche o bislacche credenze anti-scientifiche per l’applicazione di riti occultistici e di pratiche magiche alla gestione delle risorse naturali.

Autore : Andrea Sonnino - Presidente FIDAF

Un pensiero su “L’approccio sistemico è metodo scientifico, non superstizione

  1. Solo oggi leggo, con grande apprezzamento, il tuo articolo del 9 agosto su Agriculture. Vi esprimi assai bene concetti che condivido ma che non avrei saputo formulare con altrettanta profondità e chiarezza: ne farò buon uso nelle surreali discussioni a cui di questi tempi si è costretti noi tacciati di riduzionismo, quando invece è lampante la verità della tua affermazione “La complessità dei sistemi agricoli non è quindi una scoperta recente, ma è da sempre ben presente a chiunque si occupi di agricoltura, sia da un punto di vista scientifico, che da una prospettiva imprenditoriale”. L’agronomia è una scienza complessa, e la sua pratica di avvicina forse più all’arte che alla scienza. Il problema è che applicare correttamente ciò che scienza ed esperienza ci hanno insegnato non è facile. Come diceva Yogi Berra “fra teoria e pratica in teoria non c’è differenza, in pratica sì”: è soprattutto in questa concretissima (e piuttosto geniale) considerazione che si realizza la differenza fra “agricoltura fatta bene e agricoltura fatta male”, non certo nelle panzane ideologiche che ci vengono quotidianamente somministrate da ogni fonte.

    Michele Lodigiani – Agronomo, Piacenza

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *