La canapa nell'agricoltura italiana

La canapa nell'agricoltura italiana

È un tema molto ampio e possono esserne trattati tantissimi aspetti.

Ne accennerò solo a due, entrambi riguardanti il primo anello della filiera. Ricorderò il ruolo passato della canapa nell’agricoltura italiana e le cause delle variazioni nel tempo. Poi tratterò la sostenibilità ambientale della coltura.

Quindi: passato-presente e possibile futuro.

La canapa in Italia: storia

Diverse tracce di canapa sono state riscontrate sul territorio italiano già a partire dal Neolitico e la coltura era presente, ma poco importante, ai tempi dell’Impero Romano; è restata per secoli una vecchia, antica, coltura senza possibilità di sviluppo.


Poi si diffonde nel Medioevo, soprattutto in Emilia, dove si afferma un’industria particolarmente florida (corde, tessuti, vele per la marineria). Il periodo di vero fulgore, iniziato fra il 14° e il 15° secolo, dura per oltre 500 anni con un ruolo importante non solo per l’agricoltura, ma anche più in generale per l’economia. Era coltivata su tante piccole superfici e lavorata sul posto, con un ruolo determinante dell’esperienza del coltivatore e dell’artigiano.


Fra la fine del 400 e l’inizio del 1500 si ha un’esplosione della coltura per i progressi della marineria e l’ampliamento dei traffici, soprattutto dopo la scoperta dell’America, e quindi l’uso di vele e cordami. Il susseguirsi di periodi di guerra e di pace, con conseguenti variazioni di richiesta e di prezzi di mercato, porta ad una ripetuta variazione delle superfici coltivate.


Alla fine del 1800 era coltivata su oltre 135mila ettari, più della metà dei quali in Emilia, poi in Campania e, meno, in Piemonte (Carmagnola).
Prima della metà del 1900 inizia la grave crisi dovuta all’affermarsi del cotone americano e, in seguito, più grave, alla disponibilità di fibre artificiali.


Negli anni Venti-Trenta si affermano le fibre artificiali e, in concomitanza con la crisi economica mondiale, si verifica una eccedenza di quelle vegetali, con prezzi inferiori ai costi di produzione. Continua il declino della coltura con le superfici che scendono rapidamente dopo la guerra (circa 50mila ettari) fino a ridursi a poche decine di ettari e, poi scomparire dagli ordinamenti colturali, dagli anni Ottanta in avanti (Fig. 1) , con solo qualche sporadico e temporaneo tentativo di rilancio.

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Figura 1. Andamento delle superfici coltivate a canapa in Italia

(da Venturi, 2009)


Un declino così accentuato è stato determinato dalla concorrenza di altre fibre sia vegetali, come la juta, l’abaca, il cotone, sia soprattutto sintetiche, ma, principalmente dal mancato adeguamento della tecnica colturale alle condizioni di vita che andavano industrializzandosi col graduale abbandono delle campagne.
La coltivazione richiedeva oltre 1.000 ore per ettaro di manodopera costretta ad un lavoro gravoso per molte delle operazioni di raccolta e delle successive lavorazioni. (foto).

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 Lavorazione tradizionale della canapa già tagliata meccanicamente (anni Sessanta).
Essiccazione in “prille” (foto A); sbattitura per distaccare le foglie (B); “tiratura” per separare gli steli in funzione della lunghezza (C,D)

(da Venturi e Amaducci,1999)

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(Clicca sull’immagine per ingrandirla)

Cimatura per asportare la parte apicale (E); formazione delle zattere per la macerazione; affondamento delle zattere appesantendole con sassi (F,G); asportazione dei sassi per far riemergere le zattere (H); sciacquatura degli steli (G); essiccamento degli steli in prille (L)

(da Venturi e Amaducci,1999)

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Scavezzatura meccanica per separare fibra da canapulo (M); gramolatura per pulire le “manelle” di tiglio (N); manelle di tiglio pulite (O, P)
(da Venturi e Amaducci,1999)

Un altro fattore che favorì il declino della coltura sono state le norme del proibizionismo per evitare le colture da droga (Marijuana Tax Act, Usa,1937; Convenzione Unica Stupefacenti,1961; successive diverse normative europee e nazionali).


Negli ultimi decenni si è tentato più volte di far ripartire la canapa. La ricerca ha alternato periodi di attività intensa ad altri di silenzio totale. I principali obiettivi di ricerca sono variati nel tempo.


Negli anni 1950-70: studi per realizzare macchine agevolatrici delle operazioni più faticose (raccolta, lavatura, estrazione della fibra macerata, eccetera). Studi sulla macerazione e inizio del miglioramento genetico.


Negli anni Settanta-Ottanta: messa a punto di fitotecniche e di nuove varietà per destinazione delle produzioni all’industria cartaria. Primi studi di crop phisiology.


Negli anni1990-2000: approfondimento delle ricerche sulla fisiologia della pianta e sulla macerazione. Miglioramento genetico con metodologie innovative. Studio delle diverse fasi della filiera con individuazione di effetti singoli ed interattivi sulla qualità del prodotto finale.


Negli anni 2000-2020: obiettivo principale è stato lo sviluppo di una filiera integrata. Obiettivi specifici: Individuazione di sistemi di coltivazione sostenibili; selezione di genotipi a basso contenuto di Thc; valutazione delle interazioni fra tecniche colturali e modalità di raccolta su qualità della fibra in funzione di diversi usi finali; individuazione di nuove destinazioni delle produzioni.


progetti di ricerca regionali, nazionali ed europei che hanno coinvolto ricerche italiane (fra gli altri, Multy-Hemp, Hemp-Sys , Citeca, Canapone, Progetto canapa, Activa, Toscanapa, Canapate, Biosea, Prisca, Ecocanapa, Panacea, Ecofina) hanno fornito, oltre a molti lavori scientifici di rilievo, importanti risultati applicativi.

Sono ora disponibili conoscenze sulla pianta e sui meccanismi che determinano quantità e qualità delle produzioni. Sono conosciute fitotecniche valide per specifiche situazioni pedoclimatiche e specifiche destinazioni d’uso del prodotto. Sono reperibili prototipi di macchine per la raccolta e le lavorazioni successive.


La coltura può essere completamente meccanizzata e la fitotecnica adeguata anche grazie alla pregevole attività di miglioramento genetico che ha creato varietà a basso contenuto di Thc adatte alla nuova situazione di coltivazione. Attualmente le varietà a basso contenuto di Thc registrate nella Ue sono oltre una settantina.


Sono state costituite anche varietà ben diversificate in grado di soddisfare esigenze specifiche per diversi settori industriali. Infatti una caratteristica positiva della canapa, che dovrebbe essere meglio sfruttata per il suo rilancio, è la versatilità di impiego.

A quelli tradizionali della fibra si sono gradualmente aggiunti, e in molti casi hanno preso il sopravvento, diversi altri impieghi industriali, alcuni completamente innovativi. Possono essere ricordati quelli per bioedilizia, carrozzerie per auto, bioplastica, usi farmaceutici e terapeutici,  bioenergia, cosmetica, fitodepurazione, usi alimentari, e anche per nanotecnologie.

In molti casi la coltura può essere considerata multiuso essendo in grado di produrre contemporaneamente fibra, canapulo, seme e, infiorescenze che hanno un altissimo valore aggiunto (Cannabis light).


Inoltre possono essere meglio valorizzati i sottoprodotti di diverse destinazioni delle produzioni. Ad esempio quelli della tessile possono essere utilizzati per produrre bioenergia, biocompositi, o altro (figura 2).

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Figura 2. Diagramma del processo industriale per separare la fibra lunga per l’industria tessile da fibra corta e canapulo per produrre bioenergia

(da Zatta e altri, 2010)


La corretta scelta della fitotecnica dipende dal prodotto che si vuole ottenere. Infatti le produzioni possono essere diversificate non solo per differenti caratteristiche delle varietà, ma per le interazioni fra queste, la tecnica colturale e le situazioni pedoclimatiche. L’impiego della materia prima è legato alla struttura dello stelo e alle specifiche caratteristiche delle sue componenti, così come di quelle delle infiorescenze e dell’olio e delle proteine contenute nei semi. Ad esempio, la qualità della fibra deriva sia dalle caratteristiche chimiche, sia da quelle morfologiche e meccaniche. Per la bioedilizia le proprietà termiche, isolanti, acustiche, eccetera. Le scelte tecniche non hanno più come prevalente obiettivo la quantità di produzione, ma soprattutto caratteristiche specifiche legate alla destinazione finale del prodotto.


In sintesi: grandi progressi negli ultimi decenni, e quindi si dispone ora di una coltura completamente nuova, o, meglio, diverse colture nuove. Va detto anche che sarebbero molto utili ulteriori ricerche per ottimizzare fitotecnica e scelta varietale in funzione delle diverse situazioni pedoclimatiche e delle tante destinazioni finali del prodotto. Obiettivo è inserire la canapa come coltura multifunzionale in una agricoltura 4.0.


Vanno anche evidenziati i pregi della canapa riguardo all’ambiente, per il ruolo e gli effetti negli avvicendamenti colturali.
In questo ultimo aspetto rientra la sostenibilità ambientale, che è il secondo argomento del mio intervento odierno.

La sostenibilità ambientale della canapa

Sostenibilità: è un concetto multifattoriale, variabile nello spazio e nel tempo a seconda delle interazioni dei fattori interessati nei successivi anelli della catena, dalla iniziale fase produttiva al consumo finale. La sostenibilità deve essere valutata anche in termini di sviluppo, a livello sia locale sia globale, considerando situazioni variabili nel tempo.


Della canapa ricorderò solo la sostenibilità ambientale, che però non deve mai essere separata da quella economica e anche dalla sociale e dalla etica.


Da sempre la canapa è considerata coltura multifunzionale, a basso impatto ambientale, capace di adattarsi a varie situazioni, garantendo la sostenibilità di tutte le fasi produttive.


La canapa ha una buona, da 2 a 2,3 g/MJ, efficienza di utilizzo della radiazione, (rapporto fra  biomassa prodotta e radiazione fotosinteticamente attiva) ed è una forte competitrice delle infestanti relativamente a luce, ed anche acqua e nutrienti. Risulta pertanto una rinettante che permette di ridurre o, quasi sempre, eliminare l’uso di diserbanti per le colture che la seguono.  Soffre di poche malattie pochi parassiti e quindi, generalmente, è coltivata senza necessità di fitofarmaci.

Ha esigenze ridotte di elementi nutritivi, in particolare azoto, per l’eccezionale efficienza d’uso di questo elemento. L’efficienza d’uso dell’azoto varia da 7,5 a 60 kg di biomassa prodotta per kg di elemento apportato, ma nelle condizioni italiane è più frequente il valore basso.

Quindi richiesta nulla, o limitatissima, di antiparassitari, fitofarmaci e concimi.
Il consumo idrico della coltura è molto variabile (da 250 a 750 mm) in funzione dell’ambiente, della fitotecnica e delle varietà coltivate, e quindi, a seconda delle situazioni, è inferiore o superiore a quello delle altre colture lignocellulosiche (tabella 1).

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Tabella 1. Produzione di biomassa e consumo idrico di colture lignocellulosiche nelle condizioni pedoclimatiche italiane

(da Venturi 2009 modificato)

Un’altra sua caratteristica positiva è la capacità di sviluppare un apparato radicale molto espanso in profondità che le consente di captare gli elementi nutritivi, in particolare l’azoto, in strati profondi del terreno. Oltre agli elementi nutritivi, riesce a captare anche l’acqua distante dalla superficie e quindi a resistere bene a periodi di siccità.


Lo sviluppo delle radici in profondità, fino a 2 metri, è una caratteristica importante anche per ridurre il rilascio di CO2. Infatti lontano dalla superficie diminuisce notevolmente l’attività dei microorganismi che degradano la biomassa vegetale e quindi rilasciano anidride carbonica. La biomassa radicale della canapa, a seconda delle caratteristiche del terreno e delle situazioni meteorologiche, può variare da 2,5 a 3,5 t/ha e mediamente è più alta di quella delle altre colture annuali (frumento, mais, bietola) più coltivate in Italia. Questa caratteristica consente quindi un elevato stoccaggio di carbonio nel terreno.

Va ricordato inoltre che, a seguito delle operazioni di taglio ed essiccazione, rimane nel terreno una biomassa fogliare di 2,5-3,0 t/ha. Quindi la canapa complessivamente può lasciare nel suolo da 5 a 6 t/ha di biomassa vegetale, incrementando l’accumulo di sostanza organica.


Le caratteristiche della coltura la fanno anche ritenere adatta alla fitodepurazione con buone possibilità di accumulare CU,CD e N nella biomassa epigea. Può, inoltre, essere considerata una coltura trappola contro insetti dannosi per altre importanti colture, come, ad esempio, il mais. La canapa infatti attrae la piralide della graminacea.


Dal confronto Lca (Life Cycle Analysis; analisi del ciclo di vita) con altre colture annuali (tabella 2) risulta un minor consumo di energia (solo11,4 GJ per ettaro) ed effetti negativi minori relativamente a eutrofizzazione, cambiamento climatico, acidificazione e ecotossicità terrestre. Il basso impatto ambientale riguarda diverse destinazioni della produzione.

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Tabella 2. Impatto ambientale di un ettaro di canapa e di altre colture in uno scenario di buone pratiche agricole

(da Van der Werf 2004, modificato)

Anche il bilancio dell’anidride carbonica risulta più favorevole rispetto a quello di altre colture da lignocellulosa, carboidrati e olio (tabella 3).

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 Tabella 3. Bilancio dell’anidride carbonica(t/ha). Valori più frequenti di colture adattabili alle condizioni pedoclimatiche italiane

(da Venturi, 2011, modificato)

Quindi, in sintesi, la canapa è in grado di apportare benefici ambientali sia diretti, quali accumulo di CO2 nel suolo, richiesta di concimazioni ridotte, effetto rinettante, non necessità di fitofarmaci, sia indiretti per le sue relazioni con ecotossicità, eutrofizzazione e cambiamenti climatici.


Infine un ultimo aspetto di grande rilievo, che non riguarda direttamente la parte agricola della filiera, ma che ritengo utile ricordare, è la sostenibilità dei prodotti ottenuti sia dallo stelo sia da semi, sia da infiorescenze. Sostenibilità per destinazione delle produzioni ai già ricordati settori tessile, cartario, bioedilizia, biocompositi, bioenergie, cosmesi, nutrizione, fitofarmacia, eccetera.

In conclusione: la ricerca degli ultimi decenni ha fornito le conoscenze per trasformare la canapa in una coltura moderna. Esistono quindi le condizioni tecniche per far rientrare la coltura nelle aziende agrarie.

Inoltre la canapa è coltura dotata di enorme sostenibilità ambientale, caratteristica anche delle sue produzioni con le diverse destinazioni d’uso. Poiché la sostenibilità ambientale dovrà essere sempre più considerata a livello europeo e nazionale, questo aspetto dovrebbe favorirne anche la sostenibilità economica.


Ciò può avvenire con successo solo se si terrà conto della plasticità della coltura e delle interazioni fra genotipo, ambiente e fitotecnica.

Nella sua storia ha alternato periodi di fulgore e di declino.
Sembra esistano ora le condizioni per un rilancio, che dipendono da una stretta collaborazione fra  i protagonisti dei diversi anelli della filiera.

A cura di Gianpietro Venturi

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Autore : Gianpietro Venturi - Agronotizie

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